
Il rapporto con il cibo durante la Pandemia da Coronavirus COVID-19
Si può sostituire il cibo? Dalle resse nei supermercati per un barattolo di Nutella, alle liti in coda per non aver rispettato le distanze, al saccheggio irrazionale e immotivato. Questo è lo scenario a cui stiamo assistendo. Alla cui base troviamo uno dei lati più ancestrali della natura umana, drammaticamente riemerso in questi giorni e motivato dalla paura che un bene così fondamentale, dato scontato per anni, possa terminare.
Era dalla Seconda Guerra Mondiale che che non si provava questa sensazione. Non parlo per esperienza diretta, data la mia giovane età, ma per quello che nonni e genitori mi hanno trasmesso. I loro racconti descrivevano la fame, quella vera, quella che ti contorce lo stomaco e ti espone il costato. Quella razionata dalla Tessera Annonaria, che rimarrà in vigore fino al 1949, e permetteva di prenotare gli alimenti (ed in seguito anche il vestiario). La dieta era a base di pane, pasta, riso, patate, poche uova e pochissima carne.
A seguito del boom economico del dopo guerra, si sono riversate sulle nostre tavole tonnellate di “cibo spazzatura”. Semplice zucchero: economico, facile da impacchettare, conservare e distribuire. I bambini si sono trovati tra le mani la loro prima droga, diventando assuefatti e sempre più in sovrappeso, con conseguenti disfunzioni metaboliche. Anche le funzioni intellettive, dopo il picco iniziale da glucosio, calano drammaticamente, facilitando processi di craving. Buona parte delle bibite contiene il 33% di zucchero: provate a immaginarlo come un terzo del volume della bottiglia accumulato sul fondo. Di tutto questo la popolazione non sembrava curarsene. Quasi preda ad uno stato dissociativo, si continuavano a consumare zuccheri, non per mancanza di alternative ma per scelta.
L’attuale Pandemia da Coronavirus COVID-19 sta richiamando la persona alla “scelta consapevole” e ponderata del cibo. Nei supermercati si acquistano i prodotti più semplici, con migliori proprietà nutritive, ragionando su ciò che può fare bene ad un organismo avvelenato da anni di junk-food, che dovrà affrontare un periodo di ristrettezze. Accanto a ciò la quarantena sta portando ad una preoccupante carenza di Dopamina (sport, svago, sesso) compensata con abbondanti quantitativi di dolci e merendine, ma, forse, quando questo periodo sarà volto al termine, il nostro rapporto con il cibo potrà essere più consapevole e naturale. L’inevitabile cambiamento della realtà, a cui porterà la fine di questo periodo critico (dal greco krino = separare, cernere, discernere, giudicare, valutare) potrà porci nuove domande sull’alimentazione, sulla produzione del cibo o sulla circostanziata e parziale sostituzione dello stesso.
Perché sostituire il cibo?

Questa è la domanda che si è posto Julian Hearn, giovane fondatore di Huel, una società inglese fondata nel 2014, con lo scopo di trovare una possibile soluzioni ai problemi che affliggono la filiera dell’alimentazione.
I suoi dubbi vertevano su di uno stile alimentare che sta globalmente mettendo in ginocchio l’ambiente, e la salute delle persone. Il confezionamento degli alimenti, spesso imbustati singolarmente, con materiali non biodegradabili, sta rendendo gli oceani delle discariche di plastica, portando alla formazione di vere e proprie isole galleggianti. Il trasporto e lo smaltimento degli stessi necessita di ingenti quantità di combustibili fossili, aggravando un circolo vizioso già pieno di criticità.
La produzione di carne è tra i maggiori responsabili di tale processo, portando ad una forte emissione di gas serra, su scala mondiale, tale per cui, siamo tutti concordi nel dire che il consumo della stessa, così come lo conosciamo, non sarà più sostenibile. A tal proposito invito a vedere gli scenari, non troppo futuristici, avanzati dalle società Impossible Foods e Beyond Meat (quest’ultima già distribuita in Italia e quotata in borsa).
Dal punto di vista nutrizionale stiamo diventando sempre più consapevoli circa i criteri per una corretta alimentazione, ma i dati sull’uso dei junk food, sull’obesità e sulle malattie cardiovascolari non sembrano mostrare un forte trend di miglioramento. Lo scenario è aggravato dai ritmi che la società ci impone: pasti fugaci tra una pausa lavorativa e la successiva, spesso consumati di fretta e in piedi. Per non parlare della qualità degli stessi, per i quali sovente si fa riferimento a fast-food o derivati delle farine “00”, dai poveri valori nutrizionali.
Quindi? Cos’é Huel?

Huel è il tentativo di dare una possibile soluzione alternativa a questi problemi.
Nella pratica è un alimento completo composto da:
- Avena
- proteine del Riso Integrale
- proteine dei Piselli
- semi di Girasole
- semi di Lino
- Cocco
- Vitamine
- Minerali
- Omega-3, Omega-6
- Pre e Pro-Biotici
È vegano, senza lattosio, senza soia, senza OGM, presente in due formulazioni:
- una versione Classica (Bianca) con rapporto 37:30:30:3 di carboidrati, proteine, grassi e fibre;
- una versione Black Edition con rapporto 17:40:40:3 di carboidrati, proteine, grassi e fibre.
Viene fornito liofilizzato, in buste di plastica da 1.53kg, con all’interno un misurino di 90g, da aggiungere nello shaker a 600ml di acqua, per comporre un pasto da 400 kcal. Il tutto a un prezzo 1,82€. I gusti proposti sono 6: cioccolato, vaniglia, caffè, menta, banana e frutti rossi.
E tornando alla domanda iniziale?

Il titolo era fortemente provocatorio, anche se la risposta teorica è si: Huel può sostituire totalmente il cibo, tanto che il nome stesso di Huel deriva dalle parole Human Fuel. Si è addirittura formata una vera e propria comunità chiamata Hueligans, composta da personaggi famosi del mondo dello sport e dello spettacolo, che lo sta utilizzando.
Questo non è augurabile e certamente non ci si pone il folle obiettivo di sostituire il cibo, fatto di tradizione, emozioni e convivialità. Non siamo ancora su Interstellar… ma riporto un’immagine suggestiva: se una persona si nutrisse per 96 anni solo con Huel, per un apporto calorico giornaliero di 2000 kcal, produrrebbe solo questa quantità di scarti da imballaggio, praticamente quanta ne produciamo singolarmente in alcuni mesi.
Huel trova la sua dimensione in tutte quelle occasioni in cui non si ha il tempo di mangiare come la tradizione ci insegna, ma, per limiti di tempo, si deve assumere un pasto completo ed equilibrato, che non appesantisca il corpo, la mente ed il portafoglio.
Personalmente lo sto utilizzando sul lavoro da Luglio 2019, per sopperire ai pranzi veri e propri, che troppo spesso si procrastinano dopo le 14:00, rendendo le ultime ore lavorative meno lucide e di conseguenza meno piacevoli. Dato il buon apporto proteico, si ha un immediato senso di sazietà, senza la pesantezza e la sonnolenza dovute alla digestione di un pranzo tradizionale.
Concludendo, si può sostituire il cibo, ma…

Il piacere del cibo è salvo, tutti i suoi aspetti culturali, emotivi, artistici e conviviali, rimarranno ancora per molto e… per fortuna!
Questo periodo potrà essere visto come una sciagura, questo non toglie che in questo momento non possano essere viste opportunità di cambiamento, che potrebbero coinvolgere il mondo della Scienza, della Medicina, dell’Economia e, perché no, del Cibo.
L’argomento è vasto, complesso, emotivo e personale, meritevole di numerosi approfondimenti e critiche. Ne sono pienamente consapevole.
Ma, se quanto hai letto ti ha incuriosito o fatto riflettere, potrai leggerne il seguito nei miei prossimi articoli…
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