Questa è la domanda che si sono posti i vertici di una nota casa farmaceutica, quando nel 2017 un loro nuovo farmaco chiamato “Abilify MyCite” (1) è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA), per la distribuzione nel territorio americano.
Il principio attivo è il noto Aripiprazolo, antipsicotico di nuova generazione le cui indicazioni sono la Schizofrenia e il trattamento di Episodi Maniacali da moderati a gravi in presenza di Disturbo Bipolare di tipo I.
L’azione è mediata dal legame ai recettori dopaminergici e serotoninergici presenti a livello del sistema nervoso centrale, contribuiendo a normalizzare l’attività neuronale, riducendo i sintomi psicotici o maniacali e prevenendone la ricomparsa.
Fin qui nulla di strano, se non fosse che la compressa contenga al suo interno un sensore delle dimensioni inferiori a un millimetro cubico.
A cosa serve questo sensore?
Quando la compressa viene a contatto con la parete gastrica, inizia a rilasciare il principio attivo, liberando un sensore che a contatto con gli acidi gastrici viene attivato. Una volta attivato emette un segnale a un bracciale indossato dal paziente. Dal bracciale, tramite bluetooth, un’app per smartphone mantiene uno storico dell’effettiva assunzione del farmaco, potendo successivamente avvisare il medico Psichiatra della mancata assunzione.
Grazie allo storico delle assunzioni il paziente stesso può sentirsi più motivato nel proseguire le cure, sentendosi monitorato a distanza dal proprio terapeuta.
Una volta instaurato, con l’approccio digitale è possibile veicolare degli score giornalieri, con la funzione di testare i livelli percepiti di umore, ansia, senso di eccessiva sedazione, creando un continuum con i digital biomarkers in grado di creare una vera e propria identità digitale, facilmente letta dal terapeuta che sarà in grado di apportare variazioni farmacologiche più mirate e puntuali.
In quali rischi si può incorrere?
Uno dei potenziali punti deboli risulta essere la possibile mancata connessione di tutti gli apparati, fornendo al paziente un falso negativo inerente l’effettiva assunzione, con possibili rischi di sovradosaggio.
Non sono state evidenziate problematiche inerenti la bio-compatibilità del sensore.
E i costi?
La confezione da 28 compresse, in grado di fornire una copertura farmacologica per un mese, ha un costo di circa 1600 dollari, non pochi, contando che la formulazione long-acting depot dello stesso principio attivo, in grado di coprire lo stesso arco temporale, costa circa un quarto, ed è in grado di risolvere alla base il problema dell’aderenza terapeutica.
Nel Luglio 2020 la casa produttrice, senza fornire spiegazioni dettagliate, ha deciso di ritirare (2) la domanda di autorizzazione all’European Medicine Agency per l’immessione sul mercato europeo.
Conclusioni
Sicuramente Abilify MyCite, da molti punti di vista, non è stato un successo.
Il motivo principale si potrebbe identificare nella mancanza di un obiettivo terapeutico chiaro: il solo monitoraggio dell’assunzione quotidiana non è un vantaggio in grado di giustificare gli alti costi produttivi e di superare la diffidenze legata all’ingestione di un chip.
Nonostante la resa attuale non sia stata certo ottimale, si deve vedere questo tentativo come un apripista, che ci ha dimostrato come il passaggio ad una medicina integrata uomo-macchina sia ormai alle porte.
Non dovremmo interrogarci sul se, ma piuttosto sul quando queste tecnologie, migliorate e ottimizzate entreranno nel quotidiano di medici e pazienti, permettendo di integrare la rete assistenziale, allargando ancora di più le possibilità terapeutiche dell’affascinante mondo della Salute Mentale.
Riferimenti:
Luca dice
Neuralink tra pochi anni rendera possibile ogni tipo di connessione uomo macchina… il futuro e adesso..
davidebianchi dice
Le promesse sono senza dubbio grandiose e Elon non è certo uno sprovveduto. Staremo a vedere